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Vercingetorige è stato un principe e condottiero gallo che aderì alle ribellioni delle tribù galliche contro i Romani, ottenendone il comando, mentre gli Arveni lo acclamarono loro re.
Il dipinto rappresenta l'epilogo della famosissima battaglia di Alesia, dove, dopo una quarantina di giorni di disperata resistenza, con le truppe ridotte alla fame, Vercingetorige si arrende, consegna le proprie armi a Cesare e offre la propria vita in cambio dei 53000 assediati.

Vercingetorige, indossata l'armatura più bella, bardò il cavallo, uscì in sella dalla porta della città di Alesia e, fatto un giro attorno a Cesare seduto, scese da cavallo, si spogliò delle armi che indossava e chinatosi ai piedi di Cesare, se ne stette immobile, fino a quando non fu consegnato alle guardie per essere custodito fino al Trionfo.
(Plutarco, Vite Parallele, Cesare, 27, 9-10.)

« Anche quel famoso re [Vercingetorige, ndr] quale preda per la vittoria, venuto supplice nell'accampamento romano di Cesare, gettò davanti a Cesare il suo cavallo, le sue falere e le sue armi, dicendo: "Prendi, hai vinto un uomo valoroso, tu che sei un uomo valorosissimo!". »
(Floro, Epitome di storia romana, I, 45, 26.)

« Ora Vercingetorige avrebbe potuto scappare, poiché non era stato catturato e non era ferito. Egli sperava, poiché era stato con Cesare in rapporti di amicizia, di poterne ottenere il perdono da lui. Così egli venne da Cesare senza essere annunciato, ma comparendo davanti a lui all'improvviso, mentre Cesare era seduto su di uno scranno come in tribunale, e gettando allarme tra i presenti. Egli avanzò imponente, di alta statura, armato splendidamente. Quando si ristabilì la calma, egli non proferì parola, ma si inginocchiò ed afferrò le mani di Cesare in segno di supplica. Ciò ispirò molta pietà tra i presenti al ricordo della sua iniziale fortuna e nello stato attuale di angoscia in cui versava ora. »(Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, XL, 41.)